Le Idee Confuse della LEAL


Chi ci segue sa che in passato abbiamo documentato alcuni casi di Bispensiero Orwelliano, molto comune tra gli antivivisezionisti (brevemente, il Bispensiero Orwelliano consiste nell’accettare una tesi e la sua antitesi al contempo ed è tipico di quelle menti incapaci di cogliere le incongruenze logiche).

Una delle più frequenti contraddizioni nelle quali incorrono gli antivivisezionisti è quella di considerare la sperimentazione un guadagno e allo stesso tempo una spesa per chi fa ricerca.

Recentemente la LEAL (Lega Antivivisezionista) ha scritto una lettera aperta al Ministro della Salute Renato Balduzzi, visibile al link.

Nella premessa della lettera destinata al Ministro, in riferimento alla sperimentazione animale, si legge:

utili solo ai centri di ricerca e alle aziende nazionali e transnazionali, che ne traggono benefici economici straordinari

Mentre nella lettera vera e propria figura:

un enorme sperpero di risorse economiche. Per dirla con Robert Weinberg, docente di biologia al MIT, “ogni anno le industrie farmaceutiche sprecano centinaia di milioni di dollari usando come modelli i roditori nella ricerca oncologica”


Ma come? Dalla sperimentazione animale si “traggono benefici economici straordinari” oppure è “un enorme sperpero di risorse economiche”?!
Decidetevi!

Noi siamo dello stesso parere (che poi non si tratta di opinioni ma di fatti) del Professor Weinberg: la sperimentazione animale è un costo, ed anche parecchio oneroso. Questo ci porta ad una considerazione: se la sperimentazione animale non è un ricavo ma un costo, le industrie farmaceutiche massimizzerebbero i profitti eliminandola… dato che questo non avviene, evidentemente la sperimentazione animale è indispensabile.

Ora, ci sarebbe molto altro da aggiungere sulla suddetta lettera, mi limito a soffermarmi sul punto successivo.

Uno sperpero ancora più grave di vite umana. Nella sola UE, nel 2008 vi sono stati 197.000 decessi per reazioni avverse al farmaco, tragedia di cui ha contribuito certamente un metodo di ricerca ingannevole come la sperimentazione animale

Come al solito confutare l’informazione inesatta richiede più tempo e conoscenza rispetto alla formulazione di asserzioni inesatte. Soprattutto richiede un’esposizione più lunga ed articolata, e generalmente il lettore medio rifiuta la complessità degli argomenti e questo è un fattore che agevola la propagazione dell’informazione inesatta rispetto a quella corretta.

Ad ogni modo, per chi abbia voglia, mi appresto a rispondere in maniera breve e concisa.

Innanzitutto quando si snocciolano questo tipo di cifre (nell’UE, nel 2008, 197.000 decessi per reazioni avverse al farmaco) sarebbe opportuno citare la fonte dalla quale provengono.
Quale ente ha condotto l’indagine statistica da cui derivano suddetti dati?

Ma sorvoliamo e prendiamo il dato per buono, perché si tratta di un dettaglio influente considerando che è proprio l’asserzione ad essere fallace.

Nell’ambito della ricerca farmaceutica si distinguono tre tappe progressive: si inizia con la sperimentazione in Vitro, si prosegue con i test sugli animali e si giunge all’ultima fase condotta su volontari umani. Il farmaco Non viene commercializzato se non supera la fase sperimentale condotta sui volontari umani.

Pertanto, quando un farmaco viene ritirato dal mercato, allora è da considerarsi un fallimento dell’intera Sperimentazione e non soltanto della Fase Animale. Ad aver fallito è anche e soprattutto la sperimentazione umana nonché la sperimentazione in Vitro (quest’ultima tanto osannata dagli antivivisezionisti).

Ad essere precisi non è nemmeno corretto chiamarlo “fallimento” perché si è difronte ad un limite oggettivo della conoscenza della relazione causa/effetto in organismi complessi, nei quali rientrano un’enormità di variabili che influiscono sul risultato.

Per tale ragione, in biologia è necessario ricorrere alla statistica inferenziale e ragionare in termini probabilistici.

Il limite del processo sperimentale dipende dalla dimensione del campione: se una sostanza ha una bassa probabilità di provocare una reazione avversa, questa non può emergere nel ristretto campione sperimentale.

Il ricercatore può solo constatare che il farmaco testato su (per esempio) 1000 volontari umani non è risultato tossico e quindi lo classifica come sufficientemente sicuro, ma mai come “certamente sicuro”, la biologia non è in grado di offrire certezze ma soltanto probabilità.

Quando successivamente il nuovo farmaco viene commercializzato può succedere che nel più ampio campione rappresentato dalla popolazione (decine di milioni di persone e non centinaia come nel caso del limitato campione soggetto della sperimentazione) possono manifestarsi un certo numero di casi di reazioni avverse che il ricercatore non poteva oggettivamente prevedere a causa della ristrettezza del campione sperimentale.
A quel punto il farmaco viene ritirato dal mercato.

Un farmaco è considerato tale quando la probabilità dei vantaggi supera la probabilità degli svantaggi. Si tratta in definitiva di sostanze che alterano la normale fisiologia dell’organismo, e quindi avranno anche effetti collaterali, ma questi sono meno gravi della malattie che si prefiggono di curare.

Inoltre occorrerebbe verificare che il dato fornito dalla LEAL (che non ha citato fonti) non abbia un valore gonfiato, ma soprattutto occorrerebbe valutare se quei 197 mila decessi costituiscono un cosiddetto campione rappresentativo della popolazione. Mi spiego: è necessario sapere se buona parte di quel campione statistico comprende persone cagionevoli (anziani o malati gravi) o persone allergiche.
Esistono anche i decessi per allergie alimentari, ma non per questo consideriamo la produzione alimentare come responsabile di tali morti.

La statistica non è indicativa se i dati non vengono correttamente confrontati: per comprendere la dimensione di 197 mila decessi per cause avverse, tale valore andrebbe rapportato con la stima degli eventuali decessi che avverrebbero se la scienza venisse privata di uno strumento insostituibile quale la sperimentazione animale. Stima quest’ultima che non esiste ma che è ragionevolmente maggiore di 197 mila decessi annui.

Ma la sperimentazione Animale non è esclusivamente funzionale alla produzione di farmaci, come gli antivivisezionisti fanno intendere, ma serve soprattutto per la ricerca biomedica dei fattori fisiologici alla base delle patologie!
Il perché la sperimentazione animale è insostituibile ed indispensabile per il progresso medico/scientifico l’ho spiegato sia qua che qui.

La lettera della LEAL ci offre l’opportunità di porci una domanda che considero alquanto interessante:
perché gli antivivisezionisti usano dati forvianti nel vano tentativo di inficiare la validità della sperimentazione animale?

A mio personale avviso, ciò dipende dall’approcio alla conoscenza.
Quando si esamina un qualsiasi tema è essenziale conservare inizialmente una certa neutralità, quindi ricercare fonti obiettive e valutare i contenuti in maniera imparziale… ossia l’esatto contrario di ciò che in genere fanno gli antivivisezionisti!
Gli antivivisezionisti, su basi prettamente emotive, decidono a priori che la sperimentazione animale è sbagliata, solo successivamente vanno alla spasmodica ricerca di dati che in apparenza sembrano confermare la loro previa decidione.
Gli antivivisezionisti sono spesso Antispecisti, Animalisti e Vegani, per cui sono persone che dichiaratamente aderiscono ad un’ideologia… va da sé che l’interesse che queste persone nutrono nei riguardi della sperimentazione animale non può essere puramente scientifico ne tanto meno obiettivo.

Gli antivivisezionisti si vantano che la maggioranza dei cittadini è contraria alla sperimentazione animale… certo, ci credo… se le opinioni vengono condizionate con simili inesattezze (“inesattezze” o “propaganda ingannevole”??)

Il presupposto del buon funzionamento della Democrazia è che l’elettore debba essere bene informato sull’argomento prima di decidere.

Chi ha sottoscritto la lettera della LEAL? Compare al termine della stessa.
Singolare la scelta del nome Hans Reusch, cosa pensiamo di tale personaggio lo abbiamo scritto in quest’altro articolo.


Cordialmente, MV

13 thoughts on “Le Idee Confuse della LEAL

  1. mi potreste gentilmente rispondere ad un dubbio?
    Perchè se la sperimentazione animale serve anche per la ricerca biomedica dei fattori fisiologichi alla base di una determinata patologia e come voi dite è necessario capire causa ed effetto di un problema su un determinato animale prendendo proprio quell’animale come mai si continua a vivisezionare e sperimentare su altre specie viventi quando la fisiologia di un essere umano è nettamente differente?
    In poche parole sarà retorico ma anche voi in tutto quello che ho letto finora proclamate (forse senza esserne così consapevoli) che non si può analizzare causa ed effetto di un determinato elemento esterno su un essere vivente che non sia quello per il quale viene effettuato l’esperimento..mi fate capire meglio? grazie ancora..
    Cinzia

    "Mi piace"

    • Grazie a te per il tono educato. Sì, l’ideale sarebbe farlo sull’uomo, dal punto di vista scientifico. Ma siccome sugli uomini non possiamo (e non vogliamo) fare tutti gli esperimenti che spesso si rivelano necessari, ci accontentiamo di quello che gli si avvicina di più.
      Considera che poi ci sono aspetti della fisiologia che sarebbe materialmente impossibile studiare sull’umano in modo completo… per esempio l’invecchiamento, per il semplice motivo che ci vuole troppo tempo, e a noi serve qualcosa che invecchi in fretta…

      [OI]

      "Mi piace"

    • Tralasciamo la parte etica della risposta.
      Sperimentare sugli umani non è fattibile per via dell’aspettativa di vita troppo lunga, del troppo tempo richiesto per il raggiungimento della maturità sessuale e per il fatto che la prole media è un figlio per coppia (con nove mesi di gestazione)… inoltre, cosa che spesso non viene accennata, una “cavia” non può essere utilizzata per più di un esperimento (banalmente: se un animale è sottoposto a test e sopravvive, il risultato di ulteriori sperimentazioni rischia di essere inficiato da quelle già fatte). Considerate le dimensioni dei campioni necessarie per rendere statisticamente attendibile il risultato della sperimentazione, è evidente che l’uomo non possa prestarvisi agevolmente.

      P.S.: tieni conto anche del fatto che raramente un volontario umano ha una storia clinica “limpida”, e qualsiasi trattamento antecedente al test può influenzare l’output…

      "Mi piace"

  2. Questo articolo andrebbe associato a un altro che avevo tempo fa sull’importanza delle opinioni… non mi ricordo se l’avevo letto qui da voi o da qualche altra parte.. in buona sostanza, ognuno può farsi un’opinione ed è libero di esprimerla.. ma quelle che dovrebbero avere davvero importanza sono quelle degli addetti ai lavori… uno può anche pensare che la SA sia sbagliata, riprovevole e quant’altro, ma non è giusto che l’opinione di un ignorante in materia abbia lo stesso peso di chi queste cose le ha studiate e le usa tutti i giorni… spero non si arrivi mai al livello di quanto è successo per il nuclerare: la propaganda terroristica basata sulla paura ha portato alla completa dipendenza dall’energia di altri stati…

    "Mi piace"

    • So che non c’entra nulla, ma una piccola parentesi sul nucleare: Io sono per le centrali a fusione, mentre in Italia volevano installare le centrali a fissione, ben più pericolose se pur più efficenti. Secondo poi, non mi fido di installare un’eventuale struttura pericolosa come una centrale nucleare in un paese ad alto rischio sismico, e non mi fido assolutamente della competenza e dell’onestò degl’italiani da affidargli la realizzazione e la gestione di un complesso del genere.

      "Mi piace"

      • Tanto per non mettere dubbi inutili in testa alla gente: da wikipedia, pagina -reattore nucleare a fusione- “Un reattore nucleare a fusione è un ipotetico sistema in grado di gestire una reazione di fusione nucleare in modo controllato. Allo stato attuale non esistono reattori nucleari a fusione operativi per produrre energia elettrica, ma gli unici impianti operativi sono piccoli impianti di ricerca in grado di sostenere la reazione di fusione nucleare per un tempo molto ridotto.
        Si stanno effettuando ingenti investimenti in questo tipo di reattori anche se si ritiene che i primi impianti potranno essere operativi solo intorno al 2050.”
        Quindi per adesso la fusione nucleare a scopo di produzione elettrica di massa non esiste. Detto questo, anche io devo ammettere di non essere del tutto d’accordo con la produzione di elettricità su base di fissione, ma ammetto anche di non essere un grande esperto, quindi non mi sbilancio.

        "Mi piace"

      • Non c’entra veramente nulla e, scusami, ma scrivi anche boiate.

        Prima del Referendum eravamo top 3 in produzione e tecnologia ( o “know how”, come va di moda oggi).

        A meno che tu non sia un Ingegnere Nucleare (e se lo sei, hai studiato veramente male) beh, mi rifaccio a quanto detto da Gaia sopra.

        "Mi piace"

      • All’epoca noi avevamo alcune fra le migliori menti del mondo nel campo, questo è un esempio di quanto la democrazia e la disinformazione siano un male, ora compriamo elettricità dalla francia – ci costa un botto di soldi – e la francia ha centrali nucleari a 10 metri da casa nostra … tutta l’europa ha centrali nucleari e noi coglioni come sempre nel mezzo fissi all’età del bronzo a prenderlo da tutti col sorriso sulle labbra.

        "Mi piace"

      • Quando si parIa di convenienza deI nucIeare, ci si riferisce aI soIo costo deI combustibiIe impiegato, che è più basso rispetto aIIe aItre fonti di energia. lI costo finaIe deII’eIettricità dipende, però, anche da aItri fattori quaIi I’investimento iniziaIe per Ia reaIizzazione deII’impianto, Ia manutenzione, Io smaItimento dei materiaIi residui.
        NeI nucIeare, iI costo maggiore è rappresentato daIIa reaIizzazione deII’impianto, un ingente investimento che può essere recuperato soIo dopo quindici-venti anni di attività. l costi di costruzione di una centraIe nucIeare oItre ad essere i più aIti, rispetto a queIIi di centraIi di aItro tipo, tendono a Iievitare durante Ia costruzione, rendendo non più così conveniente Ia produzione di energia.
        Basta vedere cosa succede in Francia e in FinIandia, dove si stanno costruendo gIi unici due impianti EPR (deIIo stesso tipo di queIIi che si vogIiono costruire in ltaIia): i costi sono moIto superiori aIIe attese, superando anche deI 70 per cento Ie previsioni iniziaIi, e i ritardi neIIa costruzione arrivano anche a tre anni.

        lI 26 apriIe 1986, un reattore deIIa centraIe nucIeare di CernobyI in Ucraina espIose riIasciando grandi quantità di radiazioni neII’atmosfera e contaminando miIioni di persone e una vasta area deIIa Russia e deII’Europa. ln BieIorussia e Ucraina furono contaminati più di 140 miIa chiIometri quadrati di territorio e fu necessario evacuare circa 350 miIa persone. A 22 anni di distanza, iI disastro ha ancora un pesante effetto suIIa popoIazione e tutt’oggi si registrano nuove vittime. Secondo uno studio di scienziati deIIe accademie deIIe scienze di Ucraina e BieIorussia, pubbIicato da Greenpeace neI 2006, neI Iungo periodo si potranno raggiungere Ie 140 miIa vittime (contro Ie poco più di 9 miIa deIIe cifre ufficiaIi).
        QueIIo di CernobyI è iI disastro nucIeare più grave avvenuto finora, I’unico a essere cIassificato a IiveIIo 7 suIIa scaIa internazionaIe degIi incidenti ( lnes). Ma non è comunque un episodio isoIato, Ia storia deI nucIeare è un Iungo eIenco di incidenti. Anche se ben progettato, per esempio, un reattore nucIeare è vuInerabiIe ai terremoti, fenomeno che riguarda buona parte deI nostro Paese. E aI rischio di incidenti va aggiunto queIIo di possibiIi attentati terroristici. lnoItre, per quanto Ia probabiIità di incidenti gravi sia bassa, Ia possibiIe entità deIIe conseguenze è moIto eIevata. Un incidente grave in ltaIia – Paese densamente popoIato – potrebbe significare dover evacuare un numero eIevato di cittadini. Affermare che “tanto siamo circondati da centraIi” è profondamente scorretto perché trascura un principio basiIare deIIa radioprotezione: più si è vicini aIIa sorgente di radiazioni e più rischi si corrono.

        Ogni impianto nucIeare produce un quantitativo di scorie e gran parte deIIa centraIe stessa, a fine vita, diventa una scoria da conservare per tempi Iunghissimi. l residui deIIa produzione di energia nucIeare, infatti, possono rimanere radioattivi per centinaia di migIiaia di anni. Nessun Paese, compresa I’ltaIia, dopo sessant’anni di storia deI nucIeare, ha ancora trovato Ia soIuzione per Ia gestione di Iungo termine di queste scorie.
        Si tratta di controIIare per due-tre secoIi queIIe a vita media e per decine di migIiaia di anni queIIe a vita più Iunga. Chi potrà garantire questo processo neI tempo? Questa attività, oItre ad avere un notevoIe peso economico suIIa sostenibiIità deIIe centraIi, rappresenta una deIIe minacce più gravi e megIio nascoste deI nucIeare.

        "Mi piace"

  3. per rispondere a tutti coloro che criticano l’articolo, chiedo semplicemente quanti di questi abbiano seguito studi accreditati (università) in ambito biomedico, farmaceutico e farmacologico ? ? ?

    Ringrazio MV per l’esposizione chiara logica ed elegante, ed invito tutti gli antivisezionisti a STUDIARE la materia del disquisire accademicamente e non a limitarsi alla lettura di qualche articoletto sintetico (e quindi per sua natura inesaustivo).

    Cit. “Ascoltare o leggere senza riflettere è un occupazione vana; riflettere senza libro ne maestro è un occupazione pericolosa”

    "Mi piace"

  4. Mi permetto un piccolo appunto: non è affatto detto che un farmaco che ha provocato decessi venga ritirato dal mercato. Ad esempio un farmaco per il quale è stata riscontrata una probabile associazione con morte da emorragia intestinale, in due casi su centinaia milioni di utilizzatori, non sarà certo ritirato, eppure andrà ad ingrossare la statistica citate. Stesso discorso per farmaci che hanno provocato decessi per sovradosaggio (qualsiasi sostanza se presa in dosi eccessive può dare gravi effetti avversi, persino l’acqua), per errori medici (per esempio una prescrizione fatta senza tener conto di interazioni con una terapia già in corso, oppure lo scambio di farmaci tra due pazienti), shock dovuti ad allergie conosciute (ad esempio alcuni tipi di vaccino anitinfluenzale non vanno somministrati a chi è allergico alle uova).
    Nella maggior parte dei casi queste possibilità sono riportate sul foglietto illustrativo (ecco perché bisognerebbe leggerlo sempre) e la presenza di eventi avversi non significa affatto che il farmaco sia stato ritirato o che non sia un farmaco fondamentale.

    "Mi piace"

Lascia un commento